domenica 07 marzo 2021, h 19:15
Conferenza di Mario Turello
Letture Fabiano Fantini
Musiche Riccardo Pes
In un saggio su Llentguatge e identitat, il filosofo Raimon Panikkar (di madre catalana e padre indiano) auspicò che venisse tradotto in catalano il troppo poco conosciuto De vulgari eloquentia, perché in esso Dante “difende i dialetti nativi”. Le cose non stanno esattamente così, come vedremo. Per quanto riguarda il Friuli, nel trattato dantesco il nostro vernacolo viene liquidato come quanto mai sgradevole: noi “aquileiesi” (assieme agli istriani) eravamo (siamo?) quelli che ces fastu crudeliter accentuando eructuant. Ma non meno inclementi censure Dante riserva a ciascuno dei dialetti d’Italia, non escluso il suo fiorentino, e se da un lato sostiene che la lingua (ogni lingua) materna sia la più nobile, dall’altro auspica e vuole che possa e debba diventare illustre secondo il modello del latino, e assegna il compito di renderla tale ai poeti. E davvero a fondare l’italiano fu il linguaggio dei poeti. Che dire, da questo punto di vista, del friulano?
Lo smarrimento della suggestione e la ricerca dell’identità
Il romanzo in friulano di Carlo Sgorlon. Tra Friuli, Europa e Islam
La questione linguistica nel “De vulgari eloquentia” di Dante